“Spiegata la sindrome Covid”
La sensazione di offuscamento e immobilità che blocca la vita di molti è stata l’emozione dominante di questa pandemia. Svelarla è il primo passo per superarla.
Di recente, lo psicologo americano Adam Grant ha pubblicato un articolo sul New York Times, annunciando di aver trovato la giusta parola per descrivere quella intraducibile sensazione di vuoto, smarrimento e mancanza di lucidità, in cui tutti noi ci siamo ritrovati durante la pandemia: languishing (“illanguidimento”) è il nome specifico per come ci stiamo sentendo negli ultimi mesi, dopo avere trascorso più di un anno travolti dall’emergenza sanitaria.
Se ti è capitato spesso di chiederti Che mi prende? Perché è così difficile spiegarmi? Dove ho la testa?, è perché dopo un anno di pandemia, come stiamo, non lo sappiamo più. L’assenza di normalità ha stravolto la nostra quotidianità tanto da non sapere più cosa rispondere quando ci chiedono come stiamo: non ci sono i sintomi per una malattia psichiatrica, non possiamo parlare di burnout e nemmeno di depressione, ma siamo ben consapevoli che stare bene è un’altra cosa.
Non siamo senza speranza, eppure sappiamo che la nostra mente e il nostro corpo non stanno funzionando come dovrebbero. Avanzando con fatica tra giorni tutti uguali, vediamo la nostra vita attraverso una lente opaca che abbatte la nostra motivazione, interferisce con la concentrazione, richiede il doppio degli sforzi per continuare a svolgere semplici attività quotidiane.
Lo studio di Grant, che distingue l’illanguidimento dalla depressione e dal burnout, è stato ripreso dalla teoria portata avanti da Corey Keyes, psicologo e sociologo americano, sulla salute mentale.
Secondo questo studio infatti, la salute mentale dell’individuo è in costante oscillazione tra due stadi: il primo, definito floridezza, nel quale la persona risponde attivamente a stimoli sociali e individuali; il secondo, diametralmente opposto, che corrisponde proprio all’illanguidimento. È in questa fase che si provano tutte quelle sensazioni di annichilimento, psicologico e intellettuale, scaturite da una totale assenza di interazione sociale.
Di fronte al protrarsi di una sensazione di paura dovuta alle circostanze straordinarie della pandemia «lo stato di angoscia acuta ha lasciato il posto a una condizione cronica di languore», sostiene Grant. Conseguenze a lungo termine di questa condizione intermedia saranno la perdita di motivazione, la difficoltà di concentrazione, l’alta probabilità di soffrire di disturbi d’ansia e depressivi.
Dopo studi approfonditi a riguardo, un team di psicologi ha proposto alcune idee per sfuggire all’illanguidimento: consigliano per esempio l’occupazione in attività di difficile risoluzione che possano mantenere alto il livello di concentrazione, oppure l’immersione completa in qualcosa che abbia le caratteristiche di una storia continuativa e che possa in qualche modo distrarre – seguire serie tv, per esempio.
Il mantenimento di una vita psicologicamente attiva è dunque la sfida più grande per non rendere ancora più insostenibile questa pandemia. E forse l’arrivo imminente dell’estate, potrà essere un fattore determinante per sfuggire a questo malessere.
Dare un nome a questa sensazione nella quale siamo immersi, riconoscere l’illanguidimento, equivale a stare un passo avanti e impegnarsi a farla passare. È una tristezza, sì, ma non ha speranze di poter restare. Si risolve dimenticandosela, continuando a muoversi nei giorni e nelle attività che ci mantengono vivi.
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